Sono stati giorni rannicchiati dietro una nuvola, senza colore, come un acquarello stinto.
Così ho provato a colorarli io prenotando un biglietto per la mostra di Van Gogh a Trieste perché avevo bisogno di luce e pennellate accese, di prospettive e di stupore.
Eppure, in mezzo a quei paesaggi dai colori luminosi, covoni di grano giallo oro e pini al tramonto, l’emozione più grande l’ho provata davanti ad un disegno fatto a matita, dal titolo “Le portatrici del fardello”.
Rappresenta donne ricurve, simbolo di fatica e sofferenza, che trasportano sacchi di carbone in un paesaggio desolato.
Van Gogh ha dipinto quadri decisamente più belli, ma la miseria disarmante disegnata in quell’opera mi ha colpito come un pugno in faccia, forse perché racconta la vita reale e i suoi protagonisti.
Un portatore di fardello l’ho poi conosciuto poche ore dopo sul treno che mi riportava a casa.
Un signore anziano ed elegante, dalle labbra sottili, gli occhi amari e l’aria arresa ha preso posto accanto a me ed ha tirato fuori dalla tasca un cruciverba. Ad un certo punto ha esclamato a voce alta “tormento!”
Stato di inquietudine e logorio, tre verticale, otto lettere.
Un sorriso, uno scambio di nomi e l’inizio di un dialogo che mi è rimasto appiccicato addosso: “Dio avrebbe potuto fare di me un benzinaio, un commercialista o un fioraio, ma non l’ha fatto” mi ha detto.
Dio ha voluto che diventasse battiloro, proprio come il maestro orafo che aveva il laboratorio in fondo alla strada dell’orfanotrofio dove lui ha vissuto per sedici anni.
Passava davanti a quella vetrina ogni giorno per andare a scuola e ogni volta si incantava a guardare le sottilissime lamelle dorate, battute con abilità e precisione, che poi diventavano piccoli oggetti decorativi, cornici, gioielli.
Pezzi unici.
Un po’ come lui che era nato in un modo e poi la vita, a furia di colpi e martellate, lo ha forgiato e fatto diventare quello che è adesso.
Un pezzo unico e solo.
“Un bambino prende l’affetto che trova e diventa un adulto che riempie vuoti con cose sbagliate” mi ha detto ad un certo punto.
Forse è se stesso che ha cercato di forgiare via via che martellava le foglie d’oro, è se stesso che ha provato leggermente a ridisegnare, è a se stesso che ha dato una possibilità.
Chissà.
La sua stazione è arrivata in fretta e lui è sceso con la valigia vuota e il cuore pesante.
Quando, poco dopo, è passato il tizio con il carrellino pieno di bibite e snack e mi ha chiesto “Lei cosa prende?” avrei voluto rispondere “Tutto alla leggera, grazie”.
Ma ho preso un succo al mirtillo.