Sogni d’oro

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Chissà dove vanno i sogni quando ci si sveglia.

I miei se ne stanno lì per un po’, incastrati tra le ciglia, e poi a palpebre aperte si dileguano, soppiantati da emergenze di vita vera.

Perché i sogni sono così, come tutte le cose belle non si possiedono e qualsiasi cosa succeda di notte, la mattina non c’é più e tocca ricominciare daccapo.

In un’osmosi notturna che assimila cose e le rigenera facendole diverse, sogno altre vite che con la mia non c’entrano, abito in case che non conosco, parlo con gente con cui forse non parlerei mai.

A cadenza settimanale sogno di cadere, di volare, di perdere borse, documenti, treni, persone.

Un groviglio senza capo né coda che sgorga sicuramente da qualche circuito spinoso della mia mente che ribolle e non si acquieta, neanche di notte.

Al punto che, per insondabili motivi noti solo al mio inconscio, faccio sogni che sembrano film girati da Tarantino, Von Trier e Dario Argento insieme.

Ho sognato di diventare famosa su YouTube facendo una cover di Lady Marmalade, strizzata in un vestito a sirena color rosso cremisi, con in testa una cofana di capelli cotonati color biondo miele; di avere un banchetto al mercato dove vendevo ravanelli che però non comprava nessuno; di fare un comizio in cui esortavo la gente a conquistare la felicità giocando la propria data di nascita al lotto; di baciare Ryan Gosling e subito dopo di rilasciare un’intervista a Barbara d’Urso per parlare del triangolo amoroso con lui e la Mendes; di lavorare nella squadra narcotici di New York e di fare testa coda sulla Fifth Avenue con una St. Regis nera; di essere inseguita da un paio di leoni affamati scappati dal circo e di difendermi con il manico di una scopa; di lavorare in un ufficio dove era vietato parlare con i colleghi se non usando parole onomatopeiche e quindi era tutto un susseguirsi di “sigh, patapum, blin blin, smack, pss pss, zum zum”; di ospitare Pirandello, Verga e Camilleri nel salotto di casa mia e di proporgli una partita a poker e un bicchierino di rosolio; di fare la ceretta alla Ferragni che, per sdebitarsi, mi ha portato a fare un giro nella sua cabina armadio e mi ha regalato una delle sue colorate Chanel. (Potete immaginare la tristezza al mio risveglio.)

E ora lascio la parola a Freud.