Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere

kcj951

Ogni tanto mi piglia così. Ad ogni cifra tonda che leggo mi viene da ringraziare.

I numeri non contano, vero.

Poi però succede di tornare qui, dopo non aver scritto per un po’, e di dare un’occhiata al contatore delle presenze.

Ventimila visitatori, quarantamila visualizzazioni.

I numeri non contano, appunto.

Contano le persone. Quelle le ringrazio, una ad una.

E poi, si sa, essere gentili non costa nulla e si fa sempre bella figura.

Il blog, per me, è uno dei tanti altrove.

Non mi chiede nulla, non è un appuntamento, non è neppure un posto.

Niente piante da annaffiare, niente polvere da togliere, niente bollette da pagare.

E’ una voglia, un bisogno, una scatola dove accumulare pensieri, ricordi, momenti, stati d’animo e altre cose che ho in testa.

Cose senza nessuna importanza. Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere.

Fesserie, insomma.

Ma siccome un giorno potrebbero servirmi, allora è meglio che io le scriva da qualche parte per ricordarmene.

E succede che, nel dare un’occhiata distratta alle statistiche del blog, l’occhio mi cada sui termini di ricerca.

Su quelle parole chiave che, digitate su Google o su altri motori di ricerca, per uno strano algoritmo conducono dritte dritte a PindaricaMente.

Ecco, parliamone.

Perché nonostante io mi sia fin qui applicata, sforzata, impegnata a scrivere cose di spessore (di almeno 5 cm, per intenderci) e a far sembrare le mie bazzecole non troppo bazzecole, queste parole la dicono lunga sulla gente strana che c’è in giro, su di me e su ciò che scrivo.

Per esempio, sono io che attiro i disagiati, o sono talmente tanti che ci si inciampa di continuo pur non avendo alcuna propensione?

Insomma, fra i termini di ricerca, io ho trovato di tutto, di più e oltre.

L’elenco sarebbe lungo. Ho scelto i cinque che, non so perché, mi hanno fatto sorridere tanto. (No, non è vero, lo so perché.)

5) malinconia del latte anche quando si smette: non ricordo di aver mai parlato di svezzamento in uno dei miei post.

Di latte alle ginocchia, una volta. E di latte di mandorla, un’altra.

Come funziona la malinconia del latte? Fa venire l’umore grigio e uggioso al pari della malinconia del passato o di un amore perduto? Ditemi, ditemi.

4) perche i treni puzzano di piscio?: una volta ho scritto un post sul treno che passa una volta sola.

E anche se sono scesa alla prima stazione, un’idea sull’olezzo da rotaia me la sono comunque fatta.

I treni puzzano di piscio perché la gente ci piscia.

Bisogna cercarla su internet la risposta a questa domanda?! Nemmeno La Palisse sarebbe arrivato a tanto.

3) Chiusa una porta, murala: questa non è una semplice ricerca sul cemento a presa rapida. Questa è una perla di saggezza.

Perché, diciamoci la verità, c’è forse qualcuno che ha chiuso una porta e, apriti sesamo, gli si è aperto un portone? Ecco, appunto.

Quindi io, chiusa una porta, torno a controllare di averla chiusa bene, butto via le chiavi e, semmai, apro una birra.

2) un arbitro italiano di calcio che fa rima con ombrellone o riunione: qui alzo le mani, perchè io del calcio so giusto i fondamentali.

Che la palla è tonda, che l’arbitro è cornuto e che i gol fuori casa valgono doppio.

Però ora lo voglio sapere, cazzo. Voglio sapere chi è questo arbitro dal cognome così bislacco. (Avevo pensato a Trapattoni, ma mi hanno spiegato che non è un arbitro.)

1) Solletico alla coniglietta di playboy: il podio è suo. Perché chiunque sia stato a digitare questa cosa sul motore di ricerca, per me ha vinto.

Ma io dico: con tutte le cose che un uomo potrebbe fare ad una coniglietta di playboy, la prima cosa a cui pensa è il solletico?

E’ come se io ora andassi su Google e scrivessi: solletico a Ryan Gosling. No, vabbè.

Infine, una menzione d’onore a chi, qualche giorno fa, è arrivato al mio blog digitando Se fossi Ermione direi a D’Annunzio: “taci” lo dici a tua sorella.

A lei va il mio applauso, la ola e il bacio accademico.

A questo punto, Google ed io volevamo ringraziarvi. Sommessamente.

Perché voi non lo sapete, ma ci fate compagnia. Ogni giorno.

Se potessi, poi, ne inventerei uno tutto mio, di motore di ricerca.

Altro che Google, Google Hearth e Google Maps.

Ci vorrebbero Google Dream, Google Heart e Google Happiness.

Quelli sì che sarebbero motori di ricerca.

Altrove

Quanti passi sono tra me e altrove?

Ché altrove non é mai dove si é.

E chissà come ci si arriva, altrove.

A volte lo immagino dietro le palpebre di un bambino o nelle ombre di un dipinto o sotto una crosta di cielo.

Altrove é di certo da un’altra parte perché qui, ora, c’é solo un grande circo.

O forse é la vita che é così. Ha la faccia da clown e il fascino dell’equilibrista.

Sotto il suo tendone si alternano magie e incantesimi.

Grandi illusioni e piccole tristezze.

Odore di letame, polvere, lustrini.

E le solite umane meschinerie.

Ci sono i pagliacci con il naso rosso, la cravatta gigante a pois e gli occhi a forma di malinconia.

Con la tragedia conficcata lì, tra una risata e l’altra.

E ci sono i giocolieri senza nome, nè età.

Un palco, tre palle e un po’ di pubblico e sono diventati giullari, di se stessi.

In un angolo, il lanciatore di coltelli non tira per colpire. Lui punta solo al bordo.

Perché sa che la salvezza, a volte, non é raggiungere il bersaglio, è mancarlo.

C’è poi il funambolo che gioca con l’asta, la gravità e il vuoto.

Finge di aver trovato l’equilibrio perfetto, finchè qualcuno non gli crede e decide di appoggiarsi.

E si sa: al circo, come nella vita, il pezzo forte restano le cadute rocambolesche. E i salti mortali.

Un prestigiatore, da qualche parte, vende sogni a buon mercato e regala minuscoli stupori.

Prova quel numero ogni giorno, ma non sempre dal cilindro nero tira fuori il coniglio bianco.

A volte una carota, altre un fiore di pezza.

Ci sono anche gli incantatori di serpenti, i domatori di leoni e i leoni che sbranano i domatori, nel circo della vita.

E le scimmiette e i saltimbanchi ed io.

Che continuo a farmi domande senza pretendere risposte.

Mi basta uscire, ogni tanto, dal tendone del circo e andare altrove.

Dove fanno lo zucchero filato.