Come la penso

E’ quel periodo della mia vita in cui non capisco se ho più bisogno di una granita ai gelsi rossi, di un gin tonic o di espatriare in Groenlandia.

Poi penso che forse posso aspettare ancora un po’, che questa uggia è solo colpa dell’inquietudine che mi porto negli occhi e tra i pensieri.

D’amore non parlo mai. Perché non ho bisogno di parlarne e perché amo quel che amo senza capire esattamente il perché.

E poi l’amore non è una cosa semplice come canta Tiziano Ferro. E’ sentire zone lontane del proprio corpo che tornano a casa, come scrive Franco Arminio.

Comunque, anche se giungo sull’argomento con discreto ritardo, l’idea era quella di dire la mia su una chiesa o uno stato che non riconoscono l’amore tra le persone, chiunque esse siano, e non lo rispettano, qualunque esso sia.

Sul pietismo finto che se due maschi si vogliono bene, oppure due femmine, non va bene perché sono contro natura. Invece uno a cui è rimasto solo il pensiero e il resto è sofferenza, piaghe e tubi con cui va imboccato, lavato e pisciato, quello va bene, è secondo natura.

Sul perbenismo falso per il quale, anche se durante la settimana hai tradito la moglie, frodato il fisco, rubato i soldi ad un cliente, fatto la spia ad un collega, se poi la domenica mattina ti confessi e fai la comunione hai diritto al regno dei cieli.

Ma poi ho pensato che scrivere ciò, in poche righe e dentro questo enorme blablabla virtuale, porterebbe solo a rimestare luoghi comuni, a mischiare sacro e profano, a lasciare che l’insolenza prenda spazio sulla ragione.

A parteggiare per chi invoca leggi utili a demolire pregiudizi o per chi pensa che una nuova legge contro l’omofobia non sia la soluzione, ma solo una toppa messa lì a nascondere stereotipi prefabbricati da tutti, destra e sinistra.

D’altronde a me non hanno insegnato a rispettare un gay, hanno insegnato a rispettare tutti; non mi hanno insegnato a picchiare una persona che ne ama un’altra del suo stesso sesso, mi hanno insegnato che non si picchia nessuno.

Ma soprattutto mi hanno insegnato che una famiglia non è per forza composta da madre, padre e figli, una famiglia è tutto ciò che rimane dentro quando si chiude la porta di casa. Pesce rosso compreso.

Quindi, cosa potrei dire?

Forse che bisognerebbe fare come in Danimarca dove l’empatia si insegna a scuola. Materia obbligatoria, un’ora a settimana per studenti dai sei a sedici anni.

Perché l’empatia si impara. Serve a conservarsi umani, a raccogliersi dentro l’anima di qualcun altro, ad abbattere muri di pensieri ben più alti del cemento, a non vivere nella colpa se si è felici dell’amore che si prova.

Non vi può essere nessun altro rimedio, questo penso.

Gesù comunque vi guarda quando non rispettate le libertà individuali altrui, e anche io.