Non manca molto, ma nemmeno tanto poco a: “Anche a te e famiglia”.
Quest’anno è passato, in un modo o nell’altro.
Alcune cose sono andate per il verso giusto, altre hanno preso una piega sbagliata.
Ma io ho cercato di non arrabbiarmi, ho sorriso un po’ di più ed ho pensato un po’ di meno.
Ho cercato anche di non aver bisogno di nessuno, non riuscendoci.
Poi ho cercato di aver bisogno di qualcuno, non riuscendoci di nuovo.
Insomma, se dovessi raccontarlo, direi che è stato un anno lento e pesante.
Nonostante tutto, ho tenuto botta.
Perché il vantaggio di vivere un tempo sospeso è che lo si può usare come altalena.
Ed io, dondolandomi, ho trattenuto il buono e lasciato scivolare via tutto ciò che non valeva la pena trattenere.
Tre cose che salvo?
Le parole di una persona che per me conta molto, le risate di un bambino che mi chiama zia, le 6.823 pagine che ho letto.
Ma questo non è tempo di bilanci, piuttosto di bilance.
Io, come sempre, cercherò di non deludere la mia.
Passerò il Natale al sud, tra profumo di mandarini, vecchi ricordi, nuovi propositi e parole scambiate senza fretta.
Poi aspetterò la fine dell’anno al nord, fra laghi, montagne e neve che ovatta, in un paesino che pare uscito da un presepe.
Al rintocco di una mezzanotte uguale a tutte le altre, mi aggrapperò alla superstizione del calendario, sperando che il giro di boa coincida con la data che cambia e che ci sia davvero un nuovo inizio.
Con un sorriso e un calice alzato verso il cielo, brinderò a me, saluterò l’anno nuovo e mi accerterò che quello vecchio sia proprio finito.
Per il resto, come dice Rodari, anche il 2017 sarà come gli uomini lo faranno.
A me basterebbe non essere leggera, ma sembrarlo.
(Si accettano suggerimenti, tanto poi farò come mi pare.)
Intanto, a chi passa di qui, auguri di buone feste.