Non so voi, ma io di più.
Ho bisogno di meravigliarmi, di smettere di correre e di starmene con le mani in tasca per vedere se finisce bene come nelle commedie americane.
Nascono così i miei film mentali, quelli in cui sono distratta dal dire cose ed occupata a pensarne altre, dove sono regista, comparsa e attrice protagonista e dove l’immagine non sempre è sincronizzata col sonoro.
La mia testa, certi giorni, sembra una multisala.
Nei trailer, poi, sono da Oscar: ho l’aria un po’ malinconica e gli occhi che non assecondano ciò che la bocca dice; disegno vie d’uscita a matita; gioco a carte al tavolo di un bar di Berlino est con una cappotto di pelliccia e il rossetto sbavato; arredo tunnel con mobili antichi, tappeti pregiati e bellissimi “ce la farò”; raddrizzo quadri storti, pensieri sbilenchi ed orizzonti curvi; entro alla Rizzoli di New York, compro un libro, scambio il pacchetto con Robert De Niro e aspetto che il caso diventi destino; mi siedo sul divano, bevo un cognac e abbino le soluzioni ai problemi giusti; mi alzo in piedi, mi scompiglio un po’ i capelli e dirigo l’orchestra che suona nella mia testa; sono a casa di Dalì e faccio l’orologio molle in uno dei suoi quadri; vado via con l’elicottero di Another brick in the wall mentre tutt’intorno piove a dirotto; vivo nella grotta di fianco a quella dei Flintstones e con il telecomando in mano tento di programmare il caso; vado a cercare l’oro nel Klondike con zio Paperone e nuoto in vasche piene di monete sonanti; con una gonna di chiffon e i capelli raccolti in uno chignon ascolto cosa hanno da dirsi i miserabili di Hugo e gli idioti di Dostoevskij; parcheggio, attraverso la pineta, vedo i pini diradare come una quinta che si apre sull’azzurro, respiro aria di mare e guardo il cielo che brontola e borbotta, come se sapesse; vado con Astolfo sulla luna a recuperare il senno che è stato smarrito; mi levo la corazza fatta ad uncinetto, cammino per le strade del mondo e provo a capire se il mondo è vero o finto o così così.
Oppure sono quella che lascia bigliettini anonimi sul parabrezza delle macchine o che passa le giornate a preparare torte di mele per Ryan Gosling.
Alla fine esco di scena, sorrido e penso che dovrei farlo di più.
Nei miei film mentali ci sono anche i titoli di coda, la dissolvenza in nero e i Carmina Burana come colonna sonora.
E tante altre cose che di solito non sono vere, ma io sì.
Adesso però devo andare perché sta iniziando il secondo tempo.