L’orgoglio è una roba strana.
Arriva improvviso per le cose più impensate ed è tanto più grande quanto più piccole sono queste cose.
Nel leggere ciò che ha scritto Matteo il groppo in gola c’è stato.
Una minuscola commozione, una stilla di fierezza ziesca.
Forse l’amore per i libri si può anche insegnare.
O forse abbiamo tutti bisogno di addormentarci sentendo una fiaba.
Una di quelle che accarezza dentro e fa chiudere gli occhi.
E fa andare in un altrove inventato.
Fatto di carta ed inchiostro, ma che sembra reale.
Leggendo quel libro, Matteo ed io siamo stati in un castello della Loira con La Bella e la bestia e tra le rovine di Machu Picchu con Le follie dell’imperatore.
Abbiamo percorso le strade silenziose di Collodi con Pinocchio e quelle festose di New Orleans con La principessa e il ranocchio.
Abbiamo passeggiato per i boschi con Cappuccetto rosso e per le savane con Il re leone.
Io con i miei occhi grandi e lui con i suoi occhi curiosi.
Che sembrano sguarniti davanti al mondo, eppure già misurano facce, scrutano movimenti, scandagliano parole.
Rubano e imprigionano per provare a conoscere ciò che non sanno.
Degli occhi di Matteo invidio i libri che ancora dovranno leggere.
Alcuni evaporeranno velocemente perché non troveranno appigli, altri rimarranno incastrati nei pensieri per sempre.
Ma Matteo ha solo sei anni e, adesso, nessuna saggezza mi appare più saggia di quella di guardare il mondo attraverso le favole.
Per conoscere, con racconti di volpi, lupi, formiche e cicale, i vizi e le virtù umane.
E imparare che i draghi e i mostri esistono, ma che possono essere sconfitti.
Ci sarà tempo per capire che anche le favole bisogna saperle raccontare.
E che il segreto forse non è il racconto, ma è come si ascolta.
Intanto, regalerò a Matteo Il piccolo Principe.
Così potrà leggerlo durante l’estate e scoprire che l’essenziale è invisibile agli occhi e che non si vede bene se non con il cuore.
A me l’hanno insegnato da piccola e non lo scordo più.
Anche se, a volte, me ne servirebbero almeno tre, come il polpo.
Che un cuore solo si consuma ad usarlo tutti i giorni.
Ma questa è un’altra storia.