Chiedimi cosa mi piace

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Poi guardo fuori e mi accorgo che c’è il sole.

E mi viene da pensare che sarebbe bello guardarlo scendere su un orizzonte liscio e lucido, fino a che non va giù dentro il mare.

Mi piace il tramonto, perché fa strizzare gli occhi e allargare il cuore.

E mi piacciono le strade dritte e solitarie, da camminarci piano dando pedate ai ciottoli e pensando ai cazzi miei.

Mi piace il bianco e il nero, l’odore della cannella, l’acciuga sulla pizza, la musica di sottofondo, l’antologia di Spoon River, la birra chiara, il numero 7, l’odore aspro della città dopo il mercato e lo sguardo ecchissenefrega.

Mi piacciono le insegne dei vecchi negozi, i vestiti leggeri a fiori, i punti luce, le coincidenze, i piccoli gesti della seduzione, le cose antiche, le cifre tonde, le librerie nelle case degli altri, i gamberetti crudi, gli ormeggi, le bitte e gli occhi quando guardano davvero.

Mi piace chi si fa montagna, anche se dentro si sente vulcano; chi racconta le sue paure, anche se sorride; chi piange, anche se non lo fa vedere.

Mi piacciono le persone disarmate, imperfette e un po’ ammaccate. Quelle con la faccia di chi non ne ha azzeccata una nella vita, che scricchiolano quando le abbracci, che tendono la mano invece di puntare il dito, che dicono “ci sono” e poi ci sono veramente.

Mi piace il verbo bisbigliare, il sostantivo auspicio, l’aggettivo ovattato e la parola tuttavia. Perché somiglia al momento in cui si decide di mollare il freno della razionalità e di rimettere in gioco ogni cosa.

Mi piacciono le piante grasse, perché non hanno bisogno di niente; le pietre, perché c’erano prima di me e rimarranno anche dopo; i telecomandi, perché mi fanno giocare con le scelte e le possibilità; i luoghi che sanno di casa, perché ognuno a casa sua fa come gli pare.

Le cose che mi piacciono di più della vita sono quelle che capisco di meno.

Ma la gente che mi piace, mi piace che lo sappia.

Di me, mi piace che non mollo.

E mi piace pensare che questo sentirmi così scarabocchiata, arricciata e ruvida sia nato da lì.

Da “è una bambina molto sensibile”.

Ma forse è tutta una scusa.

 

 

 

Che ne sai tu di un campo di grano?

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Un po’ è il cuore che pulsa e chiede aria, un po’ è la primavera che incede e un po’ sono io.

Da queste parti sembra non mutare mai nulla, eppure è tempo di voglie, di fragole, di colline che scoppiano d’oro e di vento che pettina le spighe.

Quasi quasi allora mi siedo e imparo a fare i cerchi nel grano.

Qui, dove la terra conserva segreti che non ho mai conosciuto e nasconde semi appartenuti a chissà chi.

Intreccio parole mai dette con spighe morbide e dorate e aspetto che il respiro torni normale.

E tra stridori d’insetti che circolano senza tregua e battiti d’ali di farfalle che svolazzano senza meta, annodo steli, dipano umori e ascolto suoni.

Hai mai ascoltato il vento in mezzo a un campo di grano?

E’ un fruscio che dondola pensieri e allontana borbottii umani.

Così, mentre un rosso papavero mi osserva da lontano, io piego spighe e le lego tra di loro, come in un abbraccio.

E ricamo spirali, quadrati e cerchi così perfetti che sembrano fatti col compasso.

Effimeri e fugaci, eppure bellissimi.

Forse disegnerò un mandala.

O un’isola, con una casa bianca e le finestre azzurre.

Oppure una ballerina dentro un carillon che si mette le cuffie e ascolta l’hard rock.

Poi riporrò le mie speranze sugli alieni.

Sarebbe bello sparire senza far rumore e andare in un posto lontano.

Al di là di tanta ordinaria mediocrità, per qualche giorno.

Mi basterebbe una stanzetta su un pianeta evanescente e liquido, uno di quelli che nessuno ha ancora scoperto.

O un piccolo orto su Marte dove piantare tulipani, coltivare ravanelli e trovare risposte alle grandi domande.

Chi siamo? Dove andiamo? Che lavoro fanno le fashion blogger? Dove finiscono i calzini ingoiati dalla lavatrice? Quanti mariti ha avuto Brooke di Beautiful? E i marò?

Ma gli alieni, si sa, temono che la stupidità umana possa contagiarli e si tengono alla larga dalla Terra.

Come biasimarli, sono così tante le cose su cui scivola il nostro scivoloso pianeta.

Sarà che, mentre loro fanno cerchi nel grano, noi facciamo buchi nell’acqua?

Sarà questo.