Che poi è la parola quella che mi frega.
Inchino. Perchè, quando sento la parola inchino, la mia mente va a monsignor Della Casa, al galateo, al baciamano.
O alle arti marziali e al saluto, carico di rispetto e di umiltà, che il karateka si scambia con l’avversario, prima e dopo un combattimento.
Oppure penso al teatro e alla riverenza d’altri tempi che fanno gli attori alla fine di uno spettacolo, in risposta all’applauso del pubblico.
L’inchino mi ricorda anche il gesto di saluto dei buddisti, che congiungendo le mani e tenendole all’altezza del petto o della fronte fanno un leggero inchino col capo e dicono “namastè”. E’ sanscrito e significa “mi inchino al divino che è in te e che riconosco in me”.
Ecco, per me, gli inchini sono sempre stati questi. Un po’ sacri e un po’ profani.
Devo, quindi, essermi persa il giorno in cui anche le navi hanno cominciato ad inchinarsi davanti alle isole e le Madonne davanti alle case dei mafiosi.
A me, poi, le crociere non sono mai piaciute. Si mangia tanto e si vede poco. E anche l’idea di stare in mezzo al mare per settimane, mi annoia mortalmente.
Le processioni, invece, quelle si. Le processioni mi affascinano, mi emozionano e mi commuovono. Da sempre.
Anche se non hanno quasi nulla di religioso e anche se quella è solo una statua e non è la Madonna. Ma sono cresciuta nel profondo sud, in mezzo alle colonne processionarie, alle confraternite, all’odore dell’incenso e alla devozione dei fedeli e non posso non amare la ritualità di certe cerimonie. A prescindere dal credo, a prescindere da tutto.
E, ora, c’è questa storia degli inchini che comincia a dare fastidio. Perchè certi inchini sono un segnale di servile sottomissione. Perchè rendendo omaggio ai delinquenti si spazzano via secoli di tradizione. Perchè, ormai, dove si inchina la Madonna c’è quasi sempre un padrino da arrestare e dove si inchina una nave c’è quasi sempre un padrone da compiacere.
E in questo parapiglia c’è poi chi, a furia di inchinarsi, grado dopo grado, è arrivato a novanta. E c’è chi si è inchinato un po’ troppo e adesso cammina, cautamente, rasente i muri.
Ecco perchè, con le mani congiunte all’altezza del cuore ed un leggero inchino, ringrazio quelli che, nonostante tutto, hanno scelto di camminare a schiena dritta.
Namastè.