Il mio posto nel mondo è su un aereo, lato finestrino.
Io che trattengo il respiro, il cielo che sembra un acquerello e le nuvole che hanno la forma di un drago.
Ho con me una valigia e la curiosità ardente di Lucio, quello delle Metamorfosi di Apuleio, che in Tessaglia si spalma una pomata magica e si ritrova trasformato, per errore, in asino; un cuscino da viaggio e i dubbi inquieti di Telemaco mentre guarda il mare e scruta l’orizzonte nella speranza di vedere comparire, un giorno, il padre Ulisse; gli occhiali da sole e il bisogno avido di vagare senza meta per le strade della città come Encolpio, il protagonista del Satyricon di Petronio; le cuffie per la musica e la voglia testarda di attraversare l’oceano e perdere la strada come Cristoforo Colombo.
Dopo questo tempo sospeso da tempo, niente di meglio di un bel sogno per iniziare l’anno: decolli, paesaggi e atterraggi, curiosare e annusare e ricordare, cose da vedere, strade da percorrere e gente da osservare, chilometri di silenzio seguiti da chilometri di parole, insomma viaggiare e sentirmi a casa, oppure stare a casa sapendo di poter partire.
Certe possibilità sono lussi che mi piacerebbe avere di nuovo.
E siccome un viaggio inizia sempre con un primo passo, ho prenotato un volo per gli Stati Uniti.
L’ultima volta che sono stata a New York c’erano ancora le torri gemelle, i mondiali di calcio e Clinton che nascondeva una stagista sotto la scrivania.
Ricordo che quando sono scesa dal taxi, mi sono fermata a guardare il fumo che usciva dai tombini di Manhattan ed ho pensato di essere dentro un film. Poi ho alzato lo sguardo, c’era il sole che tramontava fra i grattacieli e ho pensato che fosse la città più bella che avessi mai visto.
E’ un regalo quello che ci siamo fatti la mia famiglia ed io, quell’anno. Un po’ di Stati Uniti, un po’ di Canada e una finestra sul mondo che a un certo punto si sente il bisogno irrefrenabile di aprire.
Abbiamo persino partecipato ad un matrimonio americano: io ero una delle dieci damigelle della sposa, tutte vestite con un’americanata di abito fucsia, con scarpe fucsia, con un fiore fucsia tra i capelli ed un trucco sobrio come quello di Moira Orfei.
Poi si torna e il cuore non è più lo stesso. Restano le foto di skyline, di parchi e di cascate da guardare con gli occhi della prima volta anche se è la millesima. Stampe da incorniciare e da riguardare ogni tanto. Un piccolo richiamo, come certi vaccini.
E’ un regalo quello che ci faremo una mia amica ed io, quest’anno. Un po’ di compleanni da festeggiare, un po’ di risate da recuperare e quella finestra sul mondo che a un certo punto si sente il bisogno irrefrenabile di riaprire.
Perché è ora di tornare a viaggiare, questo è certo. Ma è anche tempo di priorità, tipo la salute.
Nel frattempo, ripasso le basi da the cat is on the table a open the window, ma non vedo l’ora di essere seduta su una panchina di Central Park, guardarmi intorno e finalmente dire “first reaction: shock!”
Intanto vado per la mia strada che è già un bel viaggio.