Il motto della mia casata è: come è difficile farla facile.
Nello stemma araldico si sono cinque palle, un vestito a pois e il sottotitolo in oro sul gonfalone è “cu mangia fa muddichi”, per il ramo siculo della mia famiglia.
D’altronde è molto complicato vivere con una testa complicata che fa pensieri complicati e che talvolta annega, con discreto piacere, in cose di poco conto.
Perché ho il talento innato di appassionarmi alle quisquilie, alle inezie, alle sciocchezze che più sono sciocche più io le approfondisco e le sviscero e mi ostino e mi tormento.
Complico cose semplici, ma riesco a complicare anche quel che appare di per sé già complicato.
Per qualche assurdo corollario alla legge di Murphy, a me quel che cade, cade male e si rompe, quel che cerco non si trova, quel che aspetto non arriva, piove appena esco dalla parrucchiera, smaglio i collant appena messi, la caldaia va in blocco quando sono sotto la doccia, insaponata dalla testa ai piedi.
E poi faccio sempre tanti ragionamenti, ho i miei pensieri, fissazioni, fisime, ubbie, cazzi e mazzi.
Qualcuno, ogni tanto, mi fa anche dei complimenti per questo, non rendendosi conto che una mente complessa e contorta è un po’ come avere delle grosse tette: tutti te le ammirano, ma nessuno sa quanto sia scomodo andarci in giro.
Io ci provo a semplificarmi l’esistenza, a limare e alleggerire, a lasciare che le cose vadano dove hanno deciso di andare, indipendentemente da me.
Ma ogni volta che imbocco una strada corta e diritta o prendo una scorciatoia, puntualmente mi perdo e mi ritrovo in meandri senza direzione, in grovigli senza capo né coda, in dedali senza uscita.
Come quando lo scorso anno andai a fare la Merry walk, una camminata natalizia di 7 km tutta in salita sulle colline versiliesi e nel mezzo del cammin mi ritrovai sulle Alpi Apuane, ché la diritta via era smarrita.
E pensare che avevo partecipato solo perché all’arrivo ci sarebbe stato da mangiare e da bere e soprattutto perché il ritorno sarebbe stato tutto in discesa.
La cosa si può riassumere così: sono più ingarbugliata del participio passato del verbo splendere.
Servirebbe un tutorial che mi insegnasse a semplificare. O a impastare le robe contorte nella torta di mele.
Inoltre vorrei aggiungere un altro paio di palle al mio gonfalone e cambiare il motto della mia casata in “Ma che volete da me?”
Quindi, se interessati e con requisiti, andate da mio padre e chiedete la mia mano.