Legge dell’ovvietà semaforica: da qualunque parte arrivi il semaforo sarà sempre rosso.
1° Corollario: la precedenza va data a chi grida più forte.
2° Corollario: se dici qualcosa che non offende nessuno, non hai detto niente.
Sono al semaforo. Ovviamente è rosso. Il tizio della macchina accanto si sta scaccolando. Mi guarda e accenna un sorriso. Ha un colorito esageratamente finto e non è provvisto di regolare dentatura.
La tipa della macchina dietro tiene la musica a palla. Il sound neomelodico si sente distintamente, anche con i finestrini chiusi. Tiene il tempo con la testa e tamburella le dita sul coprivolante leopardato a pelo corto. Ad ogni semaforo si fa un selfie e lo spara su Facebook.
Da qualche parte ci sono anche un lavavetri e un venditore di rose.
Io fingo di guardare altrove. Poi succede. Succede e basta. Comincio a pensare. E quando i pensieri si fanno più intensi e decido di lasciarli andare, questi parlano in dialetto.
Non c’è niente da fare. In coda al semaforo succede sempre così. Partorisco pensieri in siciliano.
Non tutti, solo ciò che deve essere incisivo. Ciò che deve essere detto senza tanti giri di parole. Senza tanti peli sulla lingua. Papale papale.
Perchè le stesse cose dette in italiano sembrerebbero banali, insipide, inefficaci. “Mi stai infastidendo profondamente” non rende bene l’idea. “Mi hai scassato i cabbasisi” invece si.
L’inizio della fine comincia appena scatta il verde. Una frazione di secondo dopo.
“Ahò, ma che c’hai preso la residenza a ‘sto semaforo?” urla Mister Sorriso.
“Delafia. Si pò sapè che tonalità di verde aspetti? Maremma maiala” strilla la tipa della macchina dietro. Poi, masticando altre parole intraducibili, ingrana al marcia e sorpassa sgommando.
E’ proprio in quel preciso istante che i miei pensieri cambiano lingua. Babbu, viddanu, maccarruni, ti pigghiassi a timpuluni, o viri cu sciurna, si nuddu ammiscatu ccu nenti, si pessu ra testa e peri, sucati un pruno, c’hai na Panda ma ti spacchii ca pari ca c’hai na Biemmevvù. Il repertorio è tutto in madrelingua e va snocciolato rigorosamente in questo ordine.
L’elegante frasario, di solito, termina con “curnutu” seguito da tanti punti esclamativi quanto piú è alto il livello di sfanculaggine.
“Curnutu!” con un solo punto esclamativo significa: “Ma stai più attento, cavolo!”.
“Curnutu!!” con due punti esclamativi significa: “Ma chi ti ha dato la patente?!”.
“Curnutu!!!” con tre punti esclamativi significa: “Cornuto e mazziato!!!”.
In caso di fretta i primi due tipi di “curnutu” possono anche essere mimati e sostituiti dal classico gesto della mano fuori dal finestrino. Il terzo tipo, invece, va sempre espresso a voce.
Queste sono le cose che penso. Che non assomigliano mai a quelle che dico. E così, in coda al semaforo rosso, dico al massimo “che camurria!”. Però lo dico papale papale.