Per guardare altrove non ci vuole poi tanto.
Basta voltarsi e stare in silenzio, che a maggio solo la primavera dovrebbe poter dire qualcosa.
L’ho aspettata sotto la pioggia e l’ho vista incedere con ostinata perseveranza verso un inverno che si era affezionato troppo a questo spicchio di mondo.
E’ arrivata così, esagerata, spettinata e strafottente, come una donna che deve lottare ogni volta per ottenere le cose.
I giorni di letto e temporali hanno lasciato il posto a finestre aperte, vestiti colorati e pensieri leggeri.
Perché quando c’è il sole anche questo mondo sembra quasi un altro mondo.
La primavera è una confezione grande di sentimenti misti.
E’ lei che mi insegna a camminare lentamente, tanto non devo andare da nessuna parte perché ci sono già; a guardare un tramonto senza saper dove inizio io e finisce lui; a tagliere i rami secchi per vedere di nuovo il cielo; a smettere di fare le cose giuste e a cominciare a fare le cose belle; a cancellare il senso di colpa e a sfruttare il senso di attimo che fugge; a sorvolare con leggerezza su situazioni e persone che adesso non pesano più, dimenticando quanto spessore avessero un tempo; a scrollarmi di dosso coperte, maglioni e cose da fare, andando avanti sottraendo; a rivestire di leggerezza il piombo e ad infondere coraggio agli altri per ricordarmi di averne.
A maggio cambia tutto, dentro e fuori.
Dentro ci si nasconde un po’, se serve.
E d’improvviso c’è pace, equilibrio e tepore.
E non si capisce bene il perché, visto che la vita è quella di sempre, casuale, incasinata, improvvisata e caotica, ma è come se fosse arrivata la primavera anche lì e l’aria fresca della mattina avesse portato via le scorie di ieri.
Fuori ci sono le vetrine colorate del centro, i gelati da prendere all’aperto, le passeggiate in compagnia, i capelli a chignon, le bouganville che esplodono, il profumo del gelsomino che consola e l’aria che sembra essere senza peso e senza fatica.
Finalmente, penso.
Ci sono mesi che iniziano in un modo e finiscono chissà come. Maggio mi piacerebbe continuasse così.
Perché maggio è il mese che mi fa reggere tutto, gli sbagli, le urgenze, le mancanze, le incongruenze di tutto un anno, di tutta una vita.
Poi arriverà il caldo spudorato dell’estate e quando tutte le foglie autunnali saranno cadute, soltanto allora sarà inverno e varrà la pena aspettare la primavera.
Forse le stagioni le hanno inventate per questo, per non farci annoiare.
Intanto stamattina mi sono svegliata con una domanda: come sarà la primavera sui tetti di Montmartre?