I grattacieli illuminati di Manhattan, i viali innevati di Central Park, le vetrine addobbate della Fifth Avenue.
Trascorrere il Natale a New York, imbacuccata come un eschimese e con una tazza di cioccolata calda in mano, è sempre stato un mio sogno.
Uno dei tanti. Uno di quelli che, però, anche quest’anno rimarrà chiuso nel cassetto. Insieme ai calzini spaiati.
Perchè anche quest’anno, come ogni anno, andrò a trascorrere il Natale dalla mia famiglia.
Andrò al sud, a conciarmi per le feste.
Le vacanze di Natale al sud, si sa, non si contano in giorni. Si contano in chili presi.
Basta entrare nella cucina di casa mia, respirare ed ingrassare un paio di chili. Ed è ormai da settimane che mia madre è chiusa in quella cucina a preparare i dolci natalizi. Torrone, giuggiulena, mustazzola, mostata, biscotti al burro, alle mandorle, ai fichi.
La vigilia di Natale, poi, a casa mia si mangia come il 25. E pure il 26 si mangia come il 25. A casa mia si mangia sempre, anche se non si ha fame, anche se si è in pochi, anche se si è smesso solo da poche ore.
Si sta a tavola, si chiacchiera e si mangia. Cibi elaborati che richiedono tempo e pazienza. Piatti che traboccano di amore e dedizione. Sapori che ricordano chi ora non c’è più.
E poi si dorme, chè quelle quando si dorme sono le uniche ore in cui non si mangia.
Io però, il tempo per fare altre cose tipicamente natalizie, lo trovo sempre. Baciare parenti che non vedo da una vita, guardare film che parlano di slitte e di renne, ascoltare canzoncine suonate da strani tizi vestiti di rosso e con la barba bianca, sorridere scartando regali orrendi.
I regali, ahimè. I regali di Natale sono, per me, un po’ come l’ultima sigaretta di Zeno. Ogni volta giuro e spergiuro di non comprarne più e poi invece, puntualmente, ce n’è sempre un altro da comprare. Un altro ancora.
Anche quest’anno, ai regali, ci penserò l’ultimo minuto dell’ultimo giorno. E, come ogni anno, ripiegherò sulle solite cosine, cosette, cosucce. Sulle solite cose inutili, insomma.
E poi c’è Matteo. Perchè il problema vero, quest’anno, sarà accontentare il nipotino treenne. Matteo è un tipo esigente, pieno di pretese e così, oltre al gatto di peluche che muove la coda e alla macchinina telecomandata dei Cars, pensando che io fossi uno dei re magi, mi ha chiesto pure la mirra.
Si, la mirra. E l’ha chiesta a me, che ho quarant’anni suonati e non ho ancora capito la mirra che cos’è. Pur di renderlo felice, però, qualcosa mi inventerò. E sarà bello vedere lo stupore nei suoi occhi quando, la mattina di Natale, ancora assonnato, si avvicinerà piano piano all’albero illuminato e troverà i regali che tanto ha desiderato.
E allora, chi se ne frega se anche quest’anno non andrò a New York e non pattinerò sulla pista di ghiaccio del Rockfeller Center.
A me basterà ascoltare il crepitio della legna che arde nel camino, sentire il profumo delle caldarroste e dei mandarini, assaggiare sapori che sanno di antico e godere delle coccole che solo la mia famiglia sa regalarmi.
Quindi, visto che nei prossimi giorni sarò impegnata con Melchiorre a cercare la mirra giusta per Matteo, gli auguri ve li faccio ora.
Buon Natale, di cuore, ad ognuno di voi.