L’apparenza incanta.
Ma, prima o poi, restituisce la menzogna perchè apparire non é mai essere.
Si cambia la maschera, non la sostanza. E alla fine, si é ció che si é.
Una mappina non sarà mai un foulard, uno zircone non sarà mai un diamante e un verme sarà sempre un verme, anche quando si sente un toro.
La tauromachia é stata derubricata in lombricomachia.
L’ho combattuta a mani nude.
Poi sono passata alle armi bianche, i tacchi.
E il verme ha fatto la fine del verme, schiacciato da un elegantissimo tacco 12.
Ora, però, ho bisogno di tempo.
Perché il fuori non é mai uguale al dentro.
E se all’esterno sono solida, dentro sono friabile.
Somiglio a quelle buche nella sabbia che facevo da piccola, al mare.
Scavavo fino a farmi male i polpastrelli. Ma appena raggiungevo il fondo, il bordo della buca franava su di sé.
Ho ancora degli argini da puntellare e dei gomitoli da sbrogliare.
Decidere, poi, se di quella buca farne una via di fuga o un castello senza ponte levatoio.
E se, di quel gomitolo, farne un cappello per l’estate o una sciarpa per l’inverno.
Per il momento tiro le somme, anche se sono solo sottrazioni.
Perché nulla é come sembra. Ora lo so.
C’é chi dice di essere, ma non é.
C’é chi dice di essere, ma sa di non poter essere affatto.
C’é chi dice di camminare, e invece striscia.
Ma stavolta non mi sono fermata all’apparenza e sono scesa alla fermata dopo.
A quella della sostanza, dove tutto appare come é.
Dove l’amo non é un’esca a cui abboccare. Ma solo un verme.
Ora lo so.