Per fortuna è nato.
Perché non se ne poteva più. Mi riferisco al Royal Baby, naturalmente.
Fra ecografie in mondovisione, dilatazione del collo dell’utero in diretta e “push, Kate, push” a reti unificate è come se avessimo partorito un po tutti.
Mica come ai miei tempi quando l’ecografia, l’amniocentesi, l’epidurale neanche esistevano.
Mia mamma, ad esempio, racconta di essersi resa conto di essere incinta di me medesima solo agli ultimi mesi di gravidanza.
Era ingrassata, non aveva il ciclo da mesi, ma non si era posta alcun problema…..incosciente!
Appresa finalmente la lieta novella, tutto il parentado siciliano con le valigie di cartone legate con lo spago e piene di corredino per me, ma anche di caciocavallo, sausizza e ulive scacciate, partì dalla Sicilia alla volta del lontano Piemonte, dove i miei genitori lavoravano e avevano deciso di mettermi al mondo.
Nonna Carmela, nonna Pina insieme a mio nonno Paolo, arrivarono in quel di Fossano ,carichi comu li scecchi, per dare una mano a mia mamma durante gli ultimi giorni prima del parto.
E finalmente il sette luglio qualcuno decise che era arrivato il mio momento: “Signora, deve spingere- diceva l’ostetrica a mia mamma- spinga, spinga più forte”.
Ma nulla, nonostante gli sforzi e le atroci sofferenze, nun ne volevu sapiri di nasciri.
Fu così che il medico di turno decise che se non volevo nascere con le buone, mi avrebbe fatto nascere lui con le cattive: dopo aver inforcato un bel forcipe e stretto le pinze sulle mie tempie, mi tirò fuori dalla mia tana come si fa con le teste dei vavaluci dai loro gusci.
Visto il brutale trattamento che mi avevano riservato non ero certo un granchè: maltrattata, con una testa allungata, piena di capelli neri e con dei vistosi segni lasciati dalle ventose vicino alle tempie.
Meno male che in quella stanza di ospedale c’era anche mia nonna!
Da subito si rese conto della mia sofferenza e decise di prendere in mano la situazione….letteralmente “in mano”!
“A mu niputi ci pensu io“- disse infatti ai medici e agli infermieri presenti -“ a picciridda nasciu ca testa a forma di milinciana e ora ci l’ha sistiemu io che manu mie”.
E così con dolcezza e tanta pazienza cominciò a modellarmi la scatola cranica come se fosse una pallina di plastilina, cercando di dare alla mia testa una forma decente, per lo meno rotondeggiante.
Come era fiera mia nonna di questa sua piccola magia, raccontava quell’episodio sempre a tutti e ci teneva a sottolineare che se ho la testa che ho, il merito era tutto suo!
Anche il giorno della mia laurea, orgogliosa come solo una nonna può essere orgogliosa, davanti ad un’aula universitaria gremita di studenti e professori si alzò in piedi e tutta fiera esclamò: “Se mo niputi è accussi ‘ntelliggente è soprattutto grazie a mia. Infatti a testa cià fici io, che manu mie!”
Si sa, ogni scarrafone è bello ( e intelligente) a nonna soja….
Anche io sono nato con il forcipe. L’ho scoperto solo molto tempo dopo il fatto.
Mi hanno raccontato che la cosa mi deformò il cranio e solo dopo tre mesi la cosa di rimise a posto e adesso ho una testa normale almeno esteriormente. Tutto è bene ciò che finisce bene.
Io credo che tu abbia una bella testa. Almeno interiormente. 😉
in questo momento dentro la mia testa ho tante api che ronzano e battono contro le pareti e rimbalzano e agitano le alucce e si divertono un mondo.
Avvisami quando sarà pronto il miele. Io porto il pecorino 🙂
quando dagli occhi, al posto delle lacrime, stillerà miele ti faccio un fischio
Cara Josè, mi è bastato leggere solo poche frasi per innamorarmi di questa tua nuova avventura!!!!!!appena accendo il computer la prima cosa che faccio è vedere se hai scritto qualcosa di nuovo…è come leggere un libro, sorrido, mi distendo, sogno con te e penso…com’è brava la mia amica, doveva cominciare prima! Ora ti seguo e non ti mollo più…grande Josè!
Grazie Caterina delle belle parole. Sono contenta che il blog ti piaccia, continua a seguirmi! E dato che non riusciamo mai a vederci, questo è comunque un modo per accorciare le distanze! Baci.